lunedì 12 dicembre 2016

Hokusai, il pazzo per la pittura

Novant'anni di vita e novanta traslochi: non sono pochi per un uomo giapponese vissuto a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo. Soprattutto se, nel corso di tutti questi decenni, l'uomo in questione si chiama Hokusai, ovvero uno dei pittori giapponesi più influenti e prolifici di sempre. Shotaro Ishinomori ne ha scritto un manga, ormai diversi anni fa, pubblicato in Italia nel 2012 da J-Pop, cercando di restituire la caratteristica più vistosa dell'uomo: l'incontenibile desiderio di apprendere. Mai pago dei propri successi, Hokusai fu sempre pronto a cambiare, ad innovare, a ricominciare da capo e a mettersi a studiare da zero. L'innumerevole sequela di nomi che adottò lungo la sua vita volevano sottolineare proprio questo aspetto: la spinta alla rinascita continua, al proprio rinnovarsi.

Hokusai aggrediva la vita, cercando di assaporarne tutti gli aspetti. Amava le donne, le proprie (ne ebbe diverse) e quelle degli altri. Per lui la donna era una fonte inesauribile di ispirazione, così come la natura. Coglierne l'aspetto intimo e segreto: questo fu la stella polare che lo guidò lungo la realizzazione delle celebri trentasei vedute del monte Fuji, di cui tutti, anche qui in Occidente, conosciamo la grande onda di Kanagawa. Ishinomori alterna capitoli che narrano la vita dell'artista balzando da un'epoca all'altra, muovendosi avanti e indietro nel tempo, amplificando così ancor di più la vitalità dell'uomo. Lo stile classico e senza fronzoli rafforza l'espressività di Hokusai. Ogni tratto del volto è funzionale alla rappresentazione di uno stato d'animo del personaggio. E il tutto viene ottenuto in modo semplice ma efficace, come solo i maestri sanno fare.

sabato 3 dicembre 2016

L'addio alle armi di Adam Wild: quattro domande a Gianfranco Manfredi


Un anno fa Gianfranco Manfredi annunciò la chiusura di Adam Wild, la serie da lui ideata e scritta, ambientata nell'Ottocento nell'Africa subequatoriale. Protagonista un guascone e ribelle esploratore scozzese che lotta contro la schiavitù. Il mercato non ha premiato questo nuovo eroe, gli interessanti personaggi di contorno e l'universo che l'autore ha creato. Un vero peccato, perché l'Avventura a fumetti perde un suo nuovo protagonista dopo appena ventisei numeri con l'albo intitolato Addio alle armi.
Ho contattato Manfredi per porgli quattro domande a riguardo.

Alessandro Olivo (AO): Quale eredità lasciano i 26 albi di Adam Wild in Sergio Bonelli Editore e cosa resta dentro di te di questa esperienza professionale?

Gianfranco Manfredi (GM): Molto studio, sempre utilissimo. Molta esperienza, sempre importante. Molti disegnatori nuovi che non conoscevo. Molta sperimentazione fondamentale per le cose che ho scritto durante e dopo e per quelle che scriverò. 


AO: C'è ancora spazio in Bonelli per nuove esperienze editoriali in cui l'Avventura di stampo classico è protagonista? E, se sì, in quali forme: serie, miniserie, albi one-shot?

GM: Sicuramente. Dubito in direzione di serie lunghe. Penso in direzioni ancora impreviste dai lettori, ma è bene così, perché le anticipazioni rovinano le sorprese e perché spesso si anticipano cose che poi non si realizzano, ergo è meglio parlarne quando saranno in uscita. Di sicuro, nessuno sta fermo. 


AO: Che legame c'è fra il moderno razzismo e lo schiavismo contro cui si è battuto Adam Wild?

GM: Evidente, direi. Razzismo e schiavismo stanno insieme. Perché si teorizza l’inferiorità di altri esseri umani? Per avere un alibi di comodo al loro sfruttamento. 



AO: Pensi che avremo modo di rivedere ancora Adam Wild in qualche albo speciale one-shot o hai deciso di voltare completamente pagina?

GM: Mentre ancora usciva Adam, già preparavo e scrivevo altre cose, perché io non ne faccio mai una soltanto. Ho un bisogno fisico e mentale insopprimibile di varietà espressiva. E siccome lavoro tutti i giorni, scrivo molto, poi le cose escono in tempi diversi, anche se le faccio in parallelo. Quelle che escono dopo non è detto siano state scritte dopo, magari richiedevano tempi di realizzazione più lunghi. Certi progetti richiedono anni e bisogna lavorarci con largo anticipo. Al di là della volontà personale, poi, conta moltissimo quella dei lettori. Uno può anche decidere di ammazzare Sherlock Holmes perché si è stufato, ma se i lettori lo vogliono, resuscita per forza. Viceversa uno può scrivere una trilogia di romanzi, ma se il primo va male, gli altri due non li pubblicherà nessuno. Nella mia vita professionale ho sempre applicato la prima legge degli agenti segreti in missione: lasciarsi sempre aperta una via di fuga. Per dirla invece con il titolo di un romanzo di fantascienza di Robert Sheckley: Opzioni. Lavorare a senso unico è sbagliato. Più opzioni hai davanti e più mantieni sveglio il cervello. In un lavoro creativo è fondamentale. Anche in una singola storia: se ti limiti a eseguire uno schema prefissato senza calcolare opzioni narrative diverse in corsa, ti annoi e annoi il lettore perché non gli dai una storia da leggere di quelle che non si sa come vanno a finire, ma uno schemino prevedibile e scontato. E di questi schemini, sinceramente, non ce n’è bisogno. Ce ne sono fin troppi in circolazione, nei fumetti, nella narrativa letteraria, nel cinema, in televisione e nella musica. Un cuoco deve variare il Menu, altrimenti o è un cuoco di fast food (cioè un non cuoco) oppure è il cuoco del convento che rifila sempre la stessa minestra, magari nutriente, ma alla lunga insopportabile, e la rifila pure sempre agli stessi commensali, finché non gliela tirano addosso. 

venerdì 18 novembre 2016

Tex alla francese: intervista a Giulio De Vita

"Credo che [la collana Romanzi a fumetti di Tex] sia una delle operazioni più significative per l’evoluzione del linguaggio del fumetto italiano degli ultimi anni, un segnale importante all'editoria e probabilmente una risposta a un’esigenza del mercato."

Il resto della mia intervista a Giulio De Vita sul suo Sfida nel Montana (di cui Gianfranco Manfredi è autore dei testi) è disponibile a questo link su Fucine Mute.

domenica 13 novembre 2016

Martin Mystère, Nuove Avventure a Colori: la reincarnazione


Alfredo Castelli ne sa una più del diavolo. Non era certo facile il compito di dare uno scossone alle non proprio magnifiche sorti e progressive del personaggio di Martin Mystère. Dopo trentaquattro anni di vita editoriale, la serie regolare sta da tempo attraversando pianure monotone e piatte: pochi sono i picchi che ridestano l'interesse e l'entusiasmo. Ci voleva una scrollata. Ma quale? L'uovo di Colombo è stato progettare una miniserie mensile parallela a quella regolare con un protagonista vecchio ma del tutto rinnovato: Martin Mystère.
È questa, infatti, la trovata geniale di Castelli: presentare ai lettori le avventure di Martin Mystère così come lo avrebbe (e lo in effetti lo ha) pensato oggi il suo autore. Ovvero figlio del Castelli di oggi, diverso da quello di più di tre decenni fa, e, soprattutto, figlio di tempi, quelli attuali, così distanti da allora. Ecco quindi che il protagonista de Martin Mystère, Le Nuove Avventure a Colori è un giovane Martin che vive le sue vicende in Italia, ma senza Java. Ritroviamo comunque alcuni vecchi personaggi, anch'essi ringiovaniti, come Diana Lombard (in un contesto e in vesti del tutto diversi) e il nemico Sergej Orloff.

In più di trent'anni è cambiato anche il modo di scrivere i fumetti, il cinema si è evoluto, le serie televisive stanno spopolando e il loro linguaggio sta contaminando gli altri generi. Allora anche questa nuova miniserie è caratterizzata da un ritmo molto serrato. Martin è sempre onnisciente ma non è più il logorroico che conosciamo; inoltre è molto più votato all'azione. Nelle novantasei tavole del primo albo appena uscito nelle edicole, intitolato Ritorno all'impossibile, a Martin (e a quella che sembra essere la sua nuova spalla, l'amico Max) capitano un sacco di eventi sorprendenti e rocamboleschi, degni di James Bond, ma sempre all'insegna del mystero. Questa è, oltre al protagonista, la salda e ovvia costante che lega la miniserie alla serie regolare. Molte invece sono le differenze. Una, molto importante e saggia, è stata la decisione di affidare la scrittura delle avventure ad un gruppo di giovani sceneggiatori (Andrea Artusi, Diego Cajelli, Enrico Lotti, Ivo Lombardo, Andrea Voglino), denominati I Mysteriani, coordinati da Giovanni Gualdoni e comunque supervisionati da Castelli. La garanzia di svecchiamento è quindi certa. E lo è anche rispetto ai disegni, realizzati da artisti (si comincia con Fabio Piacentini e un tratto che ricorda la linea chiara della bande dessinée) che mai, o solo di rado, hanno prestato le loro matite al Detective dell'Impossibile. Non vedremo quindi il Martin né di Giancarlo Alessandrini, né di Franco Devescovi, né degli altri storici disegnatori che siamo abituati ad ammirare sulla serie regolare. L'unica continuità con il passato è rappresentata da Lucio Filippucci  che realizzerà tutte e dodici le copertine. Ultimo, ma non meno importante, elemento caratterizzante questa reincarnazione è il colore (che sa tanto anch'esso di bande dessinée).
E il risultato finale com'è? Indubbiamente buono. Stai leggendo una storia di Martin Mystère, ma nello stesso tempo, stai leggendo qualcosa di nuovo e diverso. È lui ma non è lui. L'avventura scorre veloce e i dialoghi son frizzanti e mai ridondanti. Ma il mystero comunque c'è ed è il centro della storia. Solo che è proposto in modo diverso: più fresco, più leggero, più giovane. Come era nelle intenzioni di partenza.

domenica 6 novembre 2016

C'era una volta in Francia


Con un anno di ritardo dalla sua uscita in Italia, ho letto la storia di Joseph Joanovici, una vita straordinaria scritta a fumetti da Fabien Nury e disegnata da Sylvian Vallée. RW Edizioni, nella collana Linea chiara, ha proposto in tre volumi, premiati con il Gran Guinigi all'edizione 2015 del Lucca Comics & Games, i 6 albi usciti Oltralpe fra il 2007 e il 2012. C'era una volta in Francia racconta la storia di un ebreo moldavo, scappato da bambino ai pogrom zaristi e diventato il Re di Parigi, grazie a tanto pelo sullo stomaco, ad un innato senso per gli affari e ad una straordinaria capacità di adattamento. I tempi della Francia occupata dai nazisti non erano certo i più consoni a far emergere un ebreo. Eppure, Joanovici da ferrivecchi di quartiere divenne il commerciante in metallo più ricco d'Europa, restando sempre un analfabeta. Il giudizio storico sull'uomo non è mai stato unanime e Fabien Nury ce lo sbatte sempre in faccia. Eroe della Resistenza o collaborazionista della Gestapo.



Oggettivamente Joanovici finanziò la Resistenza francese e fece liberare molti prigionieri dalle carceri corrompendo le SS con i soldi guadagnati trafficando con le stesse autorità tedesche d'occupazione. D'altra parte si rese responsabile di assassinii di persone innocenti, quando queste interferivano con i suoi affari o correvano il rischio di mettere in pericolo la propria vita o quella dei suoi cari. Ed è proprio l'eliminazione di uno scomodo giovane partigiano a fare da filo conduttore nella storia, perché rappresenta il caso su cui un integerrimo giudice istruttore del Dopoguerra si intestardisce, fino a rovinare la propria vita e quella dei suoi cari. C'era una volta in Francia è quindi anche la storia di una ricerca di giustizia che si trasforma in vendetta. Ma è anche una grande e tormentata storia d'amore tra Joseph e la moglie Eva, scappata da bambina anche lei insieme al futuro marito dalle persecuzioni zariste. Tutte le azioni di Joseph sono dettate dallo scopo di preservare l'incolumità di Eva e delle due figlie, ricorrendo a qualsiasi mezzo, lecito e non, fino a farsi odiare dalle stesse donne. L'epilogo è tragico, nessuno esce vincitore da questa storia.
La narrazione è molto serrata, con continui flashback e flashforward che richiedono una costante attenzione da parte del lettore. Tantissimi personaggi, anche storicamente esistiti, ci passano davanti e ciascuno ha la sua caratterizzazione grafica ben precisa. Silvyan Vallée è riuscita ad attribuire una specificità chiara e distinta ad ogni personaggio e il suo stile leggermente caricaturale accentua l'espressività e la comunicazione delle emozioni da parte dei protagonisti. La tavola è costruita in modo molto dinamico, coerentemente con l'elevato ritmo della narrazione. Nello stesso tempo però, la Vallée ci regala momenti di stasi e di pausa laddove l'azione lascia lo spazio al dialogo e alla riflessione più intima.
Il lettore gira la copertina del terzo volume con l'amara consapevolezza che la verità non è univoca, che la Storia mette di fronte a scelte pesanti e complicate, che l'animo umano è capace di coraggiosi slanci e di orribili cadute, che il giudizio di un uomo è spesso arduo da formulare, che la realtà è sempre più sfumata dei modelli che si fanno a posteriori.

venerdì 4 novembre 2016

Nathan Never al Trieste Science+Fiction Festival


Non poteva mancare Nathan Never all'edizione 2016 del Trieste Science+Fiction Festival. Una mostra festeggia i 25 anni di presenza ininterrotta in edicola del personaggio a fumetti ideato da Antonio Serra, Michele Medda e Bepi Vigna. Quest'ultimo sarà uno dei protagonisti, insieme ai disegnatori Mario Alberti, Sergio Giardo e Romeo Toffanetti e al curatore in Bonelli della testata Glauco Guardigli, dell'incontro di futurologia che si terrà domani, sabato 5 novembre alle ore 12, al Magazzino delle Idee a Trieste.

domenica 30 ottobre 2016

Il vero Nathan Never


Tutto quello che hai sempre saputo su Nathan Never è falso. È frutto della fantasia di tre sceneggiatori ai quali Edward Reiser, il fondatore dell'Agenzia Alfa, ha commissionato l'ideazione di un fumetto per pubblicizzare l'immagine della società di sicurezza, indagine e vigilanza privata attraverso le avventure dei suoi agenti speciali. Nella realtà le cose, a Nathan, son andate in modo assai diverso. Un'altra storia, un'altra vita, un'altra verità. Nathan, o meglio Nemo, insieme alla figlia Ann e al robot Mac lasciano di sasso il lettore nella tavola conclusiva de L'ultima verità, albo finale di Anno Zero, la straordinaria miniserie scritta da Bepi Vigna e disegnata da Roberto De Angelis, che ha ribaltato completamente con un colpo da maestro la prospettiva attraverso cui gli appassionati dell'agente speciale riconsidereranno d'ora in poi le sue vecchie vicende. Quanti Nathan/Nemo si sono affacciati quindi lungo questi venticinque anni di avventure targate Bonelli? Tantissimi, ma il migliore è proprio quest ultimo di Vigna: il più originale, il più vero. Mi auguro di incontrarlo ancora.

mercoledì 12 ottobre 2016

La sfida vinta da Giulio De Vita



Tex è sempre più alla francese. Dopo Mario Alberti, Giulio De Vita, un altro disegnatore Italiano (di più, del mio Friuli Venezia Giulia), che si è fatto onore Oltralpe, realizza un fumetto di Tex che difficilmente un lettore può dimenticare. Il veterano Gianfranco Manfredi confeziona una storia che si attaglia perfettamente al talento dell'artista pordenonese. Maestosi scenari innevati, montagne, boschi e fiumi rimangono impressi nella mente dopo aver girato l'ultima pagina di "Sfida nel Montana". Ma anche le fattezze, le espressioni e il volto del Tex ventenne sono coerenti con quelle dell'uomo maturo che ben conosciamo sulla serie regolare. La collana Bonelli dei Romanzi a fumetti di Tex, cartonata, in grande formato alla francese e a colori sta raccontando, tassello dopo tassello, la nascita del mito di Aquila della Notte. Dopo la battuta di arresto dell'albo precedente realizzato dalla coppia Boselli/Stano, il nuovo volume del duo Manfredi/De Vita ritorna agli altissimi standard dei due primi sfornati rispettivamente da Eleuteri Serpieri e da Boselli/Alberti. Merito anche dei colori di Matteo Vattani che sostanziano i disegni superbi di De Vita.


La storia di Manfredi è un classico del western ambientato nel grande nord: la compagnia di pellicce senza scrupoli che massacra un villaggio di pellerossa, un amico onesto in difficoltà che subisce la prepotenza dei commercianti senza reagire, la sua donna che mal sopporta la presunta viltà, l'intervento risolutore di Tex, giustiziere infallibile e implacabile, il ritorno dell'armonia fra l'amico e la donna. C'è già molto del personaggio di Tex in questa breve storia, che dimostra come, anche con solo quarantasei tavole, una solida sceneggiatura e dei raffinati disegni egregiamente colorati, possano lasciare il segno nella lunga vita editoriale di Tex Willer.
Da sottolineare la dedica finale di Giulio De Vita al compianto scrittore Ade Capone, grazie al quale l'allora giovane artista friulano esordì nel mondo del fumetto con la collana Lazarus Ledd.

domenica 9 ottobre 2016

Historica 48: La morte di Stalin


Erano mesi che non leggevo con tanto interesse un volume di Historica, la collana mensile della Mondadori Comics che pubblica avventure, per lo più disegnate e sceneggiate da autori d'Oltralpe, dedicate ad eventi e personaggi storici. La morte di Stalin è il titolo dell'albo di ottobre che racchiude due libri inediti in Italia dello scrittore Fabien Nury e del disegnatore Thierry Robin.
L'agonia, la morte e i successivi funerali del dittatore russo, avvenuti il 9 marzo del 1953, sono solo il sottofondo di una storia paurosamente avvincente. I veri protagonisti sono i membri del Comitato centrale del partito comunista sovietico, fra i quali spicca il famigerato Berija, e le loro lotte per la conquista del potere. In realtà, a dirla tutta, il vero e unico protagonista è il Terrore, che pervade quasi tutti i personaggi che animano questa vicenda. Un peso mi ha accompagnato durante la lettura di questo volume: non ti racconta nulla di nuovo, sai benissimo quello che ha fatto Stalin, come abbia distrutto un'utopia che aveva la speranza di portare la giustizia nella società degli uomini e che invece si è trasformata in uno spaventoso incubo. Ma quando vedi i fatti che conosci rappresentati così efficacemente, non puoi che sentire dentro di te una profonda tristezza. Merito anche dei disegni di Robin, che trasfigurano i volti dei personaggi attribuendo loro dei tratti sinistramente grotteschi e del ritmo serrato che Nury ha dato alla narrazione. Anche l'organizzazione delle vignette nella tavola è varia e conferisce moto dinamismo alla storia. La lettura scorre così veloce verso la conclusione, in cui vediamo Chruscev prevalere su Berija, grazie ad un sottile gioco politico fatto di continui accordi e ricatti dove tutti tradiscono tutti.
Nel riporre il volume in libreria non posso non pensare a quanto dolore e sofferenza abbia portato questo individuo nel mondo. E a come abbia tradito un ideale che aveva rappresentato per milioni di persone una reale e concreta affermazione di libertà e giustizia. 

lunedì 26 settembre 2016

Cinque anni senza Sergio Bonelli



Il 26 settembre di cinque anni fa moriva Sergio Bonelli.
Pasquale Frisenda, una delle punte di diamante della sua casa editrice, lo ricordava con questo disegno che non ha bisogno di nessuna parola.

martedì 20 settembre 2016

Il futuro di Nathan Never


Giugno 1991 - giugno 2016: 25 anni di presenza continua nelle edicole da parte di Nathan Never. Un traguardo importante, festeggiato dalla Sergio Bonelli Editore attraverso un insieme di eventi che hanno visto (e non poteva essere altrimenti) il ritorno sulle scene dei tre creatori del personaggio: Bepi Vigna, Antonio Serra e Michele Medda.
Il primo ha realizzato il progetto più ambizioso e intrigante: rivedere sotto una luce nuova e straniante i fatti drammatici che hanno portato Nathan a diventare un Agente Speciale Alfa. Il risultato è una miniserie, Anno Zero, composta da sei numeri, tuttora in corso, disegnata in toto da Roberto De Angelis. Atmosfere cupe, nel tratto e nella narrazione, accompagnano il lettore in una torbida spirale che sta portando Nathan a mettere in dubbio verità, che tanto lui quanto noi, ritenevamo date e scontate. La sensazione, dopo aver letto quattro albi, è che qualcosa di sconcertante e rivoluzionario stia per accadere nei prossimi due numeri finali. Può succedere veramente di tutto, la suspance creata con maestria da Vigna è veramente alta. Staremo a vedere.




Antonio Serra ha realizzato una trilogia, che ha accompagnato il lettore lungo i mesi estivi nella collana regolare. C'è stata l'ennesima fine del mondo di Nathan come lo avevamo imparato a conoscere dopo la guerra dei mondi. Serra, nella rubrica introduttiva di Alfacom, ci svela che non sceneggerà più storie di Nathan e che questa era la fine che aveva progettato per il personaggio fin dall'inizio dell'avventura in edicola. Certo, nel corso degli anni, l'dea si è ampliata ed evoluta, ma il nocciolo è rimasto quello originale. Devo confessare di essere rimasto piuttosto deluso di questo finale. Omega non mi ha mai convinto come grande nemico di Nathan: il vecchio Arsitotele Skotos lo sopravanza di molte spanne in quanto a figura di malvagio. L'artificio narrativo di swappare i due soli nei due universi paralleli in cui due mondi di Nathan stavano evolvendo mi è parsa banale. Per quanto ne dica Serra nella sua versione, son disposto da lettore a sospendere la mia incredulità di fronte ad un'opera di fantasia ma, in questo caso, lo sforzo che mi viene richiesto è eccessivo. L'escamotage mi è sembrato insipido e l'intervento risolutore dell'Uomo Quantico alquanto ridicolo. La trilogia scritta dal classico Sergio Giardo mi aveva quasi convinto, a metà di essa, ad abbandonare la lettura della serie. Mi son sforzato di continuare, più per onor di firma che per desiderio di capire come sarebbe andata a finire.




Pertanto, anche l'acqusito del successivo albo a colori di settembre è stato un piccolo sforzo, per fortuna, però, più che ripagato. Infatti la storia disegnata da Germano Bonazzi è stata scritta e sceneggiata da Michele Medda, autore che ho sempre seguito e apprezzato e, devo dire, anche questa volta la mia fiducia è stata ampiamente ripagata. Dopo la catastrofe planetaria della trilogia di Serra, si passa ad un'atmosfera molto più intima e riflessiva. Nathan ritorna ad uno dei suoi mood classici, un'indagine alla Marlowe nei bassifondi della città, a contatto con un'umanità reietta ed ai margini. Azione sì, ma soprattutto psicologia, dialoghi e analisi introspettiva. Questo è uno dei generi narrativi, in cui viene coniugato Nathan, che preferisco. Medda è ritornato a casa e, come scrive nella rubrica di Alfacom, l'ha trovata un po' diversa da come l'aveva lasciata. Tanti autori, forse troppi, hanno scritto storie per Nathan. C'è bisogno, secondo me, di più sceneggiature di Medda e, ce lo rivela sempre lui, ce ne saranno, tanto sulla serie regolare, quanto su una futura miniserie di sei numeri. Questa è un'ottima notizia che, insieme alla presenza di Vigna, mi fanno ben sperare per il futuro di Nathan.

sabato 17 settembre 2016

Oklahoma! o della prudenza di Sergio Bonelli


I canoni da rispettare quando si scrive Tex sono un affare molto serio. Ne sanno qualcosa illustri sceneggiatori di fumetti quali Guido Nolitta (ovvero Sergio Bonelli) e Giancarlo Berardi. Il compianto editore e autore milanese scrisse il primo Tex "sbagliato", Caccia all'uomo, una storia pubblicata nel 1976 dove il Ranger è umano perché cade in errore. Una vicenda emozionante e commovente, diventata un classico. Ma sbagliata, perché Tex non può permettersi certi abbagli, come giudicare colpevole un uomo innocente.
Berardi scrisse invece Oklahoma!, storia disegnata da Guglielmo Letteri, in cui Sergio Bonelli intervenne come censore. Nella veste di curatore di Tex, la giudicò troppo distante dai canoni texiani e quindi la dirottò fuori dalla serie regolare. Inconsapevolmente diede così vita nel 1991 al primo numero di quella collana che ancora oggi esce in edicola con il nome di Maxi Tex. Anche Oklahoma! ormai è diventata un classico al punto che la Sergio Bonelli Editore la ripropone in fumetteria e libreria in un'edizione molto curata: un volume cartonato a colori.
Ma quali furono i motivi per cui Bonelli non la volle pubblicare all'interno della serie mensile, come da progetto iniziale? Vediamo cosa ne pensa lo stesso Berardi e l'attuale curatore di Tex, Mauro Boselli, quando ne parlammo nell'ambito di due interviste distintepubblicate su Fucine Mute.




Giancarlo Berardi: Sergio apprezzò molto il mio Oklahoma! – anche se ne censurò qualche pagina – però temeva il giudizio dei lettori texiani, piuttosto conservatori e restii alle innovazioni. Scrisse una premessa all’edizione, in cui usò bellissime parole nei miei confronti, definendomi “principe del fumetto” (il re era suo padre). Per me, si era trattato di una sfida. Ero cresciuto con Tex e rispettavo molto il suo autore. Affrontai il lavoro con grande umiltà, leggendo almeno duecento episodi di Aquila della Notte. Ne diedi una versione il più possibile aderente all’originale, ma, evidentemente, un po’ di “berardite” filtrò tra le righe. L’albo venne ristampato più volte.

Mauro Boselli: Sergio si sentiva abbastanza libero quando si trattava di scrivere le sue storie, perché lui era un autore e quindi si concedeva giustamente delle libertà. Anche io stesso, infatti, nonostante sia il curatore da un anno di Tex e quindi sappia benissimo come lo si dovrebbe scrivere, ogni tanto quando scrivo mi lascio la briglia sciolta per tirar fuori gli effetti buoni. Questo deve fare l’autore, non può reprimersi e tarparsi continuamente, sennò si rischia l’implosione, come è successo in altri casi in passato. Quando invece si trattava di essere curatore (a quell’epoca era Sergio il primo curatore di Tex insieme a Decio Canzio), era molto severo e infatti vide in Oklahoma! di Berardi qualcosa di anomalo, di troppo moderno che io personalmente ora non noto più.
Oklahoma! di Berardi è stata una delle storie che ho giudicato tipiche di un nuovo modo di interpretare Tex pur alla luce del Tex classico, e che mi hanno permesso di scrivere storie come Il passato di Carson e Gli invincibili, mi hanno permesso cioè di liberarmi un po’. Berardi, infatti, ha scritto Oklahoma! rispettando perfettamente il personaggio, rispettando la tradizione e il dialogo, che anzi è molto brillante, ma usando però certi suoi meccanismi, certi suoi cosiddetti siparietti, che siparietti poi non sono, cioè delle sottotrame, degli approfondimenti psicologici, dei passaggi narrativi moderni che rendono questa storia un capolavoro pur trattandosi in fondo di una vicenda semplice e classica, ma epica. All’epoca la prudenza di Sergio l’aveva messa fuori dalla serie regolare, ma qualche anno dopo probabilmente non l’avrebbe fatto, altrimenti non avrebbe accettato la nascita di certe mie storie! Questo, però, permise di creare la collana dei Maxi. Allo stesso modo la storia Tex il grande!, di Buzzelli, che all’epoca lui giudicava anomala, gli permise di creare la collana dei Texoni. Quindi alla fine questi dubbi si son rivelati scelte editoriali vincenti. Però la sua prudenza come editore era superiore al suo coraggio come autore.


Io credo che tanto Caccia all'uomo quanto Oklahoma! siano delle storie in cui gli sceneggiatori hanno rispettato il personaggio introducendo però degli elementi di modernità, hanno osservato la tradizione apportando delle feconde innovazioni. Il tutto ha fatto sì che poi il character di Tex si sia evoluto pur rimanendo fondamentalmente se stesso. In fondo è grazie anche a queste intelligenti sperimentazioni se oggi possiamo godere delle storie alla francese presentate nella collana Romanzi a fumetti di Tex, dove disegnatori del calibro di Paolo Eleuetri Serpieri, Mario Alberti e del prossimo e attesissimo Giulio De Vita hanno prestato il loro talento al grande Aquila della Notte.

mercoledì 14 settembre 2016

Mysteri colorati


Oggi, dopo le 18, accendo la radio sintonizzata su Radio 2 e ascolto una voce che, con toni  melodrammatici, declama più o meno le seguenti parole:


Preparatevi ad affrontare civiltà scomparse, edifici impossibili, oggetti enigmatici, presenze inquietanti

Ho avuto il dubbio che si trattasse di uno dei geniali trailer di film impossibili realizzati da 610.
Invece no. Stavo ascoltando una pubblicità reale di un'iniziativa fumettistica molto interessante: la ristampa a colori delle avventure di Martin Mystère, il personaggio ideato da quel fumettista vulcanico che risponde al nome di Alfredo Castelli.
Consiglio a chi ancora non conosce questo fumetto, di catapultarsi domani, giovedì 15 settembre, in edicola per acquistare la prima delle venti uscite settimanali di cui si compone questa iniziativa editoriale a cura del gruppo La Repubblica - L'Espresso.
Il motivo è semplice. Più di 30 anni fa, nell'aprile del 1982, la Sergio Bonelli Editore propone questo nuova serie d’avventura che ha come oggetto temi misteriosi, scientificamente e storicamente ben documentati, affrontati dal protagonista nel presente. Realizza così un’attualizzazione dell’avventura che rivoluziona le sorti della casa editrice milanese, aprendo la strada a tutte le serie successive. E questa collezione storica a colori presenta in ordine cronologico due/tre storie originali per volume. In pratica buona parte delle migliori avventure del Detective dell'Impossibile, con tanto di ricco apparato redazionale.
Su Martin Mystère ho trascorso molte ore divertenti e interessanti, imparando quasi sempre qualcosa, perché Castelli riesce a presentare in modo intelligente, e tale da stimolare la curiosità del lettore, argomenti anche complessi. E si capisce, fra le righe, che anche lui, in fase di scrittura e, prima, di documentazione si è divertito a scoprire e poi a trasmettere al lettore fatti, persone o vicende nuove e stimolanti.

domenica 3 luglio 2016

Magico Vento e la guerra delle Black Hills


La tragica fine George Armstrong Custer è stata raccontata centinaia di volte: film, libri e fumetti hanno dedicato alla battaglia del 25 giugno 1876 sul Little Big Horn un'attenzione a volte maniacale, esagerando certi aspetti e sottovalutando altri. Custer fu un eroe o un pazzo suicida? Gianfranco Manfredi ha detto la sua più di un decennio fa sulle pagine di uno dei più riusciti fumetti western mai pubblicati in Italia: Magico Vento. Il ciclo di cinque albi (dal 97 al 101) pubblicati dalla Sergio Bonelli Editore nel 2005 costituiscono uno dei vertici raggiunti dalla serie e uno dei migliori affreschi della guerra che vide contrapposti l'esercito americano e la più grande alleanza di indiani delle pianure.


Disegni di Darko Perovic
La saga fu così appassionante che la casa editrice milanese ha deciso oggi di ripubblicarla in un unico volume cartonato intitolato La guerra delle Black Hills. Oltre 500 pagine in formato 19x26 cm, corredate da un'intervista all'autore e impreziosite da una copertina inedita di Pasquale Frisenda, fanno rivivere una delle tappe fondamentali dell'ineluttabile e tragico destino cui andarono incontro i nativi americani. Maneggiare la Storia non è da tutti, ma Manfredi è maestro nell'incrociare le strade di personaggi realmente esistiti con quelli partoriti dalla sua fantasia. Magico Vento è lo sciamano bianco dei Sioux e, come tale, è sempre al fianco dei capi della sua tribù, Toro Seduto e Cavallo Pazzo, e sempre al centro dell'azione principale. Poe, il suo fraterno amico giornalista, è al seguito delle truppe americane, quindi si relaziona con Custer stesso e il generale Crook, ovvero il responsabile militare della campagna contro i Sioux e i loro alleati. In questo modo il lettore entra direttamente dentro la Storia, quella scritta dai grandi personaggi. Ma non è l'unico modo con cui Manfredi affronta quegli avvenimenti. Il conflitto è rappresentato anche attraverso le voci, le emozioni e le azioni di una miriade di personaggi di contorno, indiani e bianchi, che partecipano direttamente delle vicende e ne sono i veri protagonisti.


Disegni di Bruno Ramella e Frederic Volante
Manfredi non ci racconta solo del Little Big Horn, ma anche e soprattutto di tutto quello che c'è stato prima e che è venuto dopo. Ci mostra la vera battaglia che segnò il destino degli indiani, ovvero quella precedente sul Rosebud, che vide contrapposti i due grandi strateghi militari, Crook e Toro Seduto. Qui il capo dei Sioux dimostrò tutto il suo valore e le sue capacità e, grazie anche all'abilità e al coraggio di Cavallo Pazzo, diede una sonora lezione all'esercito americano. Dal Rosebud nacque tutto quello che venne dopo. La decisione di Custer di affrontare un nemico troppo soverchiante per il suo Settimo Cavalleggeri e il disinteresse interessato dimostrato dai vertici politici e militari che non fecero nulla per dissuaderlo. Lo sfruttamento da parte degli stessi ambienti della scontata sconfitta e morte di Custer come pretesto per stracciare il precedente trattato di Fort Laramie e poter sottrarre così le Black Hills ai Sioux. La vendetta giurata dal Congresso americano a Toro Seduto inseguito fino al confine con il Canada, dove il grande capo e molti nativi ripararono per sfuggire al rinforzato esercito americano, assettato di rivalsa.


Disegni di Goran Parlov
Ma più delle tattiche militari, Manfredi ci parla dei personaggi e delle loro emozioni, approfondendo molto la figura di Cavallo Pazzo, di Custer e di Wild Bill Hickok. Sì, c'è anche il celebre pistolero in queste pagine. L'autore racconta i suoi ultimi giorni a Deadwood, cittadina senza legge alle porte delle Black Hills, dove le truppe del generale Crook venivano ad acquistare i rifornimenti. A poche settimane di distanza da Custer, muore un'altra figura eroica del vecchio West, assassinato vigliaccamente alla schiena. Se a costoro si aggiunge poi la morte altrettanto vile di cavallo Pazzo, anch'egli colpito a tradimento nel settembre del 1877, ecco che si capisce come Manfredi abbia voluto raccontare la fine di un certo West, o, per dirla con le sue parole:
"la fine dell'epica della vecchia frontiera, la fine degli eroi solitari e delle grandi personalità"
Disegni di Stefano Biglia e Giovanni Talami
Il volume si distingue anche per la rilevanza dei disegni. Ciascuno dei cinque capitoli è stato realizzato graficamente da mani diverse, che, pur nelle loro peculiarità originali, restituiscono un quadro armoniosamente unitario delle figure dei protagonisti e degli scenari in cui si muovono. Si ha, cioè, la sensazione di leggere un'unica storia che si sviluppa lungo un continuum narrativo coerente anche dal punto di vista grafico.

Disegni di Pasquale Frisenda
I disegnatori che si sono succeduti nei cinque albi sono rispettivamente:

  1. La guerra di Toro Seduto - Darko Perovic
  2. Rosebud - Pasquale Frisenda
  3. Morto il 25 giugno - Bruno Ramella e Frederic Volante
  4. Il crepuscolo degli eroi - Goran Parlov
  5. Bandiera bianca - Giovanni Talami e Stefano Biglia


domenica 26 giugno 2016

Il Texone di Enrique Breccia e Tito Faraci

Capitan Jack è uno dei migliori Texoni di sempre. Merito dei disegni di Enrique Breccia, ma anche della storia scritta da Tito Faraci. Un Tex così non si era mai visto. Molti puristi conservatori del Tex di Galep (straordinario, ovviamente) hanno storto il naso di fronte al volto aquilino del ranger, alle sue guance scavate e ai suoi zigomi pronunciati. Ma ci si può perdere in simili dettagli, perdendo di vista l'insieme? Mentre leggevo l'albo sono rimasto affascinato dalla precisione e dal realismo dei disegni di Breccia. L'artista argentino riesce a dare estrema veridicità alla storia, pur ritraendo spesso i volti dei personaggi al limite del grottesco. Questo vale anche per Kit Carson, che non ho mai visto con un volto così mefistofelico. Ma non solo per lui: altre figure di contorno, vedi alcuni soldati, deformano il loro volto con espressioni alienate. E i nativi americani, di cui Capitan Jack è il capo, sono rappresentati con tratti somatici molto caratterizzanti ed appropriati, come raramente ho visto nelle storie di Aquila della Notte. Infine il dinamismo impresso alle azioni, che siano un semplice dialogo fra due personaggi, o un'intricata sparatoria fra una miriade di figure, è davvero esaltante, in quanto riesce a fondere precisione nel dettaglio con vitalità dei movimenti. Spesso poi Breccia ricorre ad una costruzione della tavola nella quale due terzi di essa è suddivisa in quattro vignette verticali, che danno molto brio alla lettura, sottolineando i momenti più intensi durante gli agguati e le sparatorie nelle Lava Beds, teatro geografico affascinante dell'avventura raccontata nel volume.


Affatto secondaria nella piena riuscita del trentunesimo Texone è il soggetto e la sceneggiatura di Tito Faraci, scrittore che a volte ho criticato per non riuscire a dare profondità alle avventure del ranger. In quest'occasione, invece, l'autore lombardo congegna una storia molto interessante e coinvolgente. Tutt'altro che facile era il suo compito: far partecipare Tex e Carson ad un fatto storico realmente avvenuto, ovvero la guerra che vide contrapposti la tribù californiana dei Modoc e l'esercito americano. Perno della storia è la figura in chiaroscuro di Kintpuash, chiamato dai bianchi Capitan Jack, che viene rappresentato con tutti i contrasti psicologici che hanno segnato la sua parabola umana. Fiero e coraggioso da una parte, debole e manipolato dall'altra, Capitan Jack incrocia il proprio cammino con quello di Tex, il quale riconosce gli aspetti positivi e negativi dell'uomo che ha di fronte. Si sottolinea così ancora una volta una delle caratteristiche straordinarie di Aquila della Notte, ovvero la capacità di capire al volo una persona, di saper distinguere al suo interno le luci e le ombre e di agire di conseguenza.

Capitan Jack è quindi un volume da ricordare negli annali delle storie di Tex, come uno dei più riusciti, perché disegni, soggetto e sceneggiatura si sono fusi armoniosamente regalando al lettore un'avventura che ci propone uno sguardo originale di un classico Tex.

domenica 12 giugno 2016

Manga e graphic novel a confronto


Nuvole nere & nuvole bianche è il titolo del terzo ed ultimo appuntamento della rassegna Leggere tra le nuvole, che la Biblioteca di Monfalcone dedica al fumetto. Lunedì 13 giugno alle 18 Stella Marega e Antonio Gherghetta affronteranno rispettivamente il mondo dei manga e quello dei graphic novel. 

mercoledì 8 giugno 2016

Le quindici storie di Ken Parker nel cassetto di Giancarlo Berardi



Nell'edizione appena conclusa di Etna Comics, festival internazionale del fumetto e della cultura pop che si tiene annualmente a Catania, figuravano come ospiti, fra gli altri, Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo. Mi è capitato di guardare su youtube due brevi interviste che la coppia ha concesso separatamente ai tipi di Zagor Tv durante i giorni del festival.
Nella prima, registrata il 4 giugno, Berardi fa un piccolo scoop che lascia a bocca aperta tutti gli appassionati di Lungo Fucile, me compreso. Dichiara di avere nel cassetto almeno una quindicina di storie inedite di Ken Parker. Stupisce il suo "Mai dire mai!" e "Io sono pronto!" lasciando per un attimo senza parole l'incredulo intervistatore. Il suo largo sorriso fa intendere che, se ci fossero le condizioni, sarebbe ben felice di pubblicare queste quindici storie. Ma come? Con quale disegnatore? Il pensiero vola ad Ivo Milazzo, naturalmente.



Ma l'intervista concessa dal maestro di Tortona il giorno successivo gela le aspettative del fiducioso appassionato. Alla domanda precisa se le quindici storie inedite che prendono la polvere nel cassetto di Berardi possano un giorno venire disegnate dallo stesso Milazzo, questi risponde freddamente. L'espressione assunta dal volto, il suo "Non so" che suona come un "No" allontanano ogni speranza di rivedere mai un giorno una nuova storia di Ken Parker firmata dai suoi creatori. Milazzo pare ormai orientato verso altri progetti, guidato dal desiderio di cambiare, stimolo necessario per la sua creatività.

P.S. Gli illusi che, nelle parole di Berardi, hanno voluto intendere che Ken non è davvero morto nell'ultimo episodio Fin dove arriva il mattino si possono mettere il cuore in pace. Le quindici storie si possono riferire tranquillamente a periodi precedenti o avere come protagonisti altri personaggi: vedi Teddy Parker.

martedì 7 giugno 2016

Il Comandante Mark: eroe d'altri tempi e fuori dal tempo

Il terzo Avventura Magazine della Sergio Bonelli Editore è dedicato completamente alla figura del Comandante Mark. Ricorre infatti nel 2016 il cinquantesimo anniversario dell'esordio in edicola del personaggio creato dalla EsseGesse, ovvero dal sodalizio artistico costituito da Giovanni Sinchetto, Dario Guzzon e Pietro Sartoris. Il volume monografico è arricchito da interessanti redazionali (spicca quello di Luca Boschi) che inquadrano lo scenario storico della Guerra d'Indipendenza Americana, che fa da sfondo alle gesta di Mark e dei suoi ribelli, i Lupi dell'Ontario, e tracciano una breve ma chiara biografia dei tre autori. Fulcro dell'albo è la riproposizione a colori di due storie: Il Comandante Mark e La storia di Mark, rispettivamente numero 1 e 100 della Nuova Collana Araldo, stampata dalla Casa Editrice Araldo, appartenente alla famiglia Bonelli.
"Il favoloso Mark, il comandante dei Lupi dell'Ontario? Oh... Quanto mi piacerebbe conoscerlo di persona! Dicono che sia alto, coraggioso e bello come un semidio!"
In queste parole, pronunciate da una donna in adorazione nella terza pagina del primo numero, sta tutto Mark. Un eroe senza macchia e senza paura, osannato come un semidio, che lotta per la libertà di un popolo oppresso. C'è quanto basta per offrire ai ragazzi dell'epoca del sano e costruttivo intrattenimento all'insegna dell'Avventura più classica. Ma niente di più. Il Comandante Mark non ha sfaccettature: è monolitico nella sua purezza. Irreale. Psicologicamente piatto. Privo di sfumature. Bene e male sono nettamente separati: i ribelli americani sono buoni e coraggiosi e i soldati inglesi sono cattivi e inetti. Se non fosse per i suoi compagni Mister Bluff e Gufo Triste (e il cane Flok) mancherebbe anche il sorriso che nasce dalle gag che li vede protagonisti. Che distanza da Tex e Zagor, eroi sì dalla parte del Bene, ma con una notevole profondità psicologica (pur nelle rispettive differenze). Per non parlare di Storia del West (storia di uomini normali) e dei successivi Mister No e Ken Parker: un abisso incolmabile.
Erano quasi quarant'anni che non leggevo il Comandante Mark e ho fatto a fatica a terminarne la lettura. Alla fine guardavo solo le figure, tornando così indietro a quando leggevo i fumetti senza saper leggere. Ma forse è proprio questa la dimensione in cui collocare Mark: quella propria di un lettore bambino, a cui basta un eroe senza macchia e senza paura, che dimostri il suo coraggio contro dei nemici malvagi. Un eroe d'altri tempi, appunto. Un eroe fuori dal tempo.

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